Compleanno ai tempi del Covid19
Oggi è il 21 marzo, primo giorno di primavera e giorno del tuo compleanno. Di un anno particolare però, perché il 2020 ci tiene chiusi in casa, in standby, senza darci segnali di speranza per il futuro. Siamo chiusi tra quattro mura, senza sport, senza musica, senza scuola, senza lavoro, da troppo tempo ormai. Certo, è un'occasione per stare insieme, per fermarci, per riscoprire il valore delle piccole cose, ma stiamo anche scoprendo come 90 metri quadrati di appartamento possano risultare strettini per cinque persone con età e caratteri diversi. I giorni sembrano tutti uguali e se ogni tanto non buttassi l'occhio sul calendario mi sarei probabilmente dimenticata di questo giorno. Mi sento la protagonista di un film:tutto troppo irreale, silenzioso, lontano da ciò conosciamo, per essere vero. Sono qui, sola. Davanti a me un cestino di fragole e qualche uova. Sebbene stia attenta, si vede che faccio troppo rumore perché arrivi tu e mi chiedi cosa sto facendo. Ti dico che, nonostante tutto, non mi sono dimenticata che oggi è il tuo compleanno e volevo farti una sorpresa. Fai una smorfia. Certo, figuriamoci se a dodici anni te ne frega di una torta fatta dalla mamma.
Vorrei chiederti come ti senti, perché questo isolamento forzato mi preoccupa. Per te, che già eri distante, che già di sentivi lontano, sbagliato, inferiore.
Vorrei chiederti cosa hai capito di quello che accade, vorrei chiederti se hai paura, se sei arrabbiato. Ma a questa età, ne' abbastanza piccoli per esseri spudoratamente sinceri, ne' abbastanza grandi per lasciar trasparire i propri sentimenti, non si può dire di avere paura, non ci si può mostrare vulnerabili.
E allora vorrei dirti che se io fossi in te avrei una paura tremenda, come quando da piccola sentii mia madre al telefono parlare di una cosa da asportare che aveva tanto l'aria di essere un cancro.
E se fossi in te sarei incazzata nera, perché quest'anno era il tuo primo anno alle medie, l'anno in cui finalmente potevi rientrare da solo da scuola, il tuo primo anno in una squadra di calcio che ti faceva sentire parte di un gruppo, l'anno della tua cresima, l'anno in cui avresti dovuto ricevere il tanto atteso cellulare con la SIM.
Vorrei chiederti come ti senti, perché questo isolamento forzato mi preoccupa. Per te, che già eri distante, che già di sentivi lontano, sbagliato, inferiore.
Vorrei chiederti cosa hai capito di quello che accade, vorrei chiederti se hai paura, se sei arrabbiato. Ma a questa età, ne' abbastanza piccoli per esseri spudoratamente sinceri, ne' abbastanza grandi per lasciar trasparire i propri sentimenti, non si può dire di avere paura, non ci si può mostrare vulnerabili.
E allora vorrei dirti che se io fossi in te avrei una paura tremenda, come quando da piccola sentii mia madre al telefono parlare di una cosa da asportare che aveva tanto l'aria di essere un cancro.
E se fossi in te sarei incazzata nera, perché quest'anno era il tuo primo anno alle medie, l'anno in cui finalmente potevi rientrare da solo da scuola, il tuo primo anno in una squadra di calcio che ti faceva sentire parte di un gruppo, l'anno della tua cresima, l'anno in cui avresti dovuto ricevere il tanto atteso cellulare con la SIM.
E invece tutto questo per ora è sospeso, come il tuo drone, a mezz'aria, prima che si decida a spiccare il volo o a cadere tristemente a terra per una tua brusca manovra. Questa situazione però non dipende solo da nostre manovre, ci sono cose troppo grandi che non possiamo controllare. E mi torna alla mente il tuo compito di religione relativo al momento che stiamo vivendone che, anche se non volevi che vedessi, ho sbirciato. Sai, sono una mamma....deformazione professionale.
E tu dici che tutto questo di è stati mandato, non è capitato per caso, è stato Dio a volerlo per insegnarci tante cose.
E allora mi chiedo: chissà cosa frulla nella tua testa, quanti pensieri contrastanti che si traducono poi nei tuoi gesti quando un attimo prima mi sbatti la porta in faccia e mi dici "lasciami in pace!" e un attimo dopo mi chiedi il bacio della buona notte.
Insomma quante cose avrei da dirti.... E invece ti do una fragola e, come mia madre, riempio i vuoti e le parole non dette con il cibo.
Restiamo qui, con lo sguardo alla finestra, dove gli alberi si riempiono di fiori rosa, dove il cielo è un'immensa tela azzurra che speriamo solo di poter sporcare con i colori di quell'arcobaleno appeso alla finestra con il "andràtuttobene".
Fuori tutto è colore, luce, vita perché la natura non lo sa ciò che stiamo vivendo e la primavera vuole sbocciare.
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